Limiti al diritto d’abitazione sulla casa da parte del coniuge superstite
La Corte di Cassazione, con Ordinanza 15277 depositata il 5 giugno 2019 ha ribadito che i diritti riservati al coniuge superstite dall’art. 540, co. 2, c.c. di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni, riguardano l’immobile concretamente utilizzato come residenza familiare prima della morte del “de cuius”, sicché essi non spettano al coniuge separato senza addebito, qualora la cessazione della convivenza renda impossibile individuare una casa adibita a residenza familiare.
Lo stato di separazione, quindi, costituisce ostacolo al riconoscimento dei diritti sulla casa familiare a favore del coniuge superstite, nonostante il diverso orientamento sostenuto in dottrina, ma non condiviso dalla giurisprudenza di legittimità, che ravvisa nella separazione personale un ostacolo insormontabile al sorgere dei diritti d’abitazione e d’uso.
Con questa pronuncia, la Suprema Corte ha deciso di dare continuità a un orientamento risalente e già espresso in precedenza, per cui:
“In caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare faccia venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione dei diritti in parola. Se, infatti, per le ragioni esposte, il diritto di abitazione (e il correlato diritto d’uso sui mobili) in favore del coniuge superstite può avere ad oggetto esclusivamente l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare, è evidente che l’applicabilità della norma in esame è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; evenienza che non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi” (Cass. n. 13407/2014).