Riconoscere la PAS: gli 8 sintomi individuati dal Tribunale di Brescia
Il Tribunale di Brescia con la Sentenza n. 815/2019 pubblicata il 22/03/2019 ha evidenziato 8 sintomi che consentirebbero di riconoscere la presenza di una Sindrome di Alienazione Parentale (PAS) in capo a un minore.
Il provvedimento, emesso dal Collegio con Presidente la dott.ssa Elda Geraci e Giudice relatore il dott. Andrea Tinelli, cita numerosi passaggi di una CTU del dott. Camillo Carlucci, effettuata nel corso del processo, andando a fornire alcuni utili elementi per la disamina della PAS: elementi di psico-diagnostica che chiaramente non sono elaborati dai Giudici, ma tratti – forse in maniera molto automatica e apodittica – dalle valutazioni di un perito che possiede, quindi, le competenze mediche per potersi esprimere sulla materia (sebbene si tratti di riflessioni su un caso specifico, tratte da un magistrato in altro contesto, e non di una manualistica sulla materia).
Nel caso in esame, si era difronte a un peggioramento del rapporto tra padre e figlia, che aveva iniziato a deteriorarsi, in particolare, per effetto di una denuncia presentata nel aprile 2013 da parte della madre nei confronti del marito, accusato di toccare la figlia nelle parti intime approfittando dei periodi in cui gli era affidata. In conseguenza di ciò, il diritto di visita del padre era stato convertito dalla forma libera a quella protetta, con un lungo monitoraggio dei Servizi sociali durante il quale il rapporto padre-figlia si è radicalmente trasformato: se, inizialmente, esso ero «positivo» col passare del tempo è peggiorato sino ad un sostanziale annullamento, caratterizzato dall’ostinato rifiuto della figlia ad avvicinarsi al padre.
Questa pervicace volontà manifestata dalla figlia di non vedere il padre – largamente immotivata ed irrazionale – è stata inquadrata dal c.t.u., con adesione di entrambi i c.t.p., nella PAS (Sindrome di Alienazione Parentale), ossia «una controversa dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzi» (cfr. pag. 9 della relazione del 23 aprile 2018). Il consenso della comunità scientifica su questa sindrome non è unanime. Ne dà atto lo stesso c.t.u.
Nondimeno, il dott. Carlucci afferma, in modo condivisibile, che gli otto sintomi che caratterizzerebbero la PAS sono comunque utili «a valutare i punti critici nelle relazioni disfunzionali tra il minore ed il genitore rifiutato».
Si tratta:
1) della campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante;
2) della razionalizzazione debole dell’astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o superficiali;
3) della mancanza di ambivalenza. Il genitore rifiutato è descritto dal bambino “tutto negativo”, mentre l’altro genitore è “ tutto positivo”;
4) del fenomeno del pensatore indipendente: il bambino afferma che ha elaborato da solo la campagna di denigrazione del genitore;
5) dell’appoggio automatico al genitore alienante, quale presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante;
6) dell’assenza di senso di colpa;
7) degli scenari presi a prestito, ossia affermazioni che non possono ragionevolmente venire da lui direttamente;
8) dell’estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato.
Tutti questi “sintomi” (che peraltro richiamano letteralmente quelli già individuati dai teorici statunitensi della materia, in primis Gardner già negli anni ’90) sussistono, e sono stati riscontrati dal c.t.u., nel caso di specie.
Come chiarito, non c’è unanimità di consensi su questa presunta patologia (Sindrome o Disturbo, a seconda di vari punti di vista), sebbene siano molti i pareri autorevoli che tendano a riconoscerla: «secondo i professori Bernet, Camerini e Gulotta il DSM-5 contiene una descrizione del problema relazionale in passato definito come “sindrome di alienazione parentale” o semplicemente “alienazione parentale”» laddove nella descrizione del “problema relazionale genitore-figlio” include la seguente spiegazione esemplificativa: «Problemi cognitivi possono comprendere attribuzioni negative alle intenzioni altrui, ostilità verso gli altri o rendere gli altri capro espiatorio, e sentimenti non giustificati di alienazione» (Fonte: http://www.alienazione.genitoriale.com/la-pas-nel-dsm-5/).
Tuttavia, è molto importante che si sviluppi nella società e nei genitori la percezione della rilevanza di questa prospettiva, anche per rendere edotti su quelli che possono essere i rischi nell’equilibrato sviluppo psico-fisico di un minore legati a questo tipo di problema relazionale.
Sul punto, proprio la sentenza del Tribunale di Brescia, sempre citando l’elaborato peritale, pone bene in guardia sui rischi del problema, precisando che, a prescindere dall’inquadramento diagnostico della situazione, essa rischia seriamente di compromettere in modo irrimediabile lo sviluppo psico-fisico del minore: «il professor Camerini, c.t.p. della madre, ha riferito che da una sua ricerca statistica è emerso che, quando un minore rifiuta di frequentare un genitore, il minore potrebbe sviluppare un disturbo di identità di genere, o un disturbo di personalità paranoide o antisociale. Ed in effetti, nel caso in esame, il c.t.u. ha evidenziato che nella figlia «sono già presenti alcuni sintomi significativi di un disturbo di personalità paranoide che potrebbero aggravarsi e stabilizzarsi».
In conclusione, nei casi in cui il problema relazionale genitore-figlio è compromesso, sia che si voglia o possa identificare una vera e propria PAS, sia che semplicemente l’equilibrio e la regolarità della relazione sia minata, è necessario prevedere ed attuare iniziative concrete a tutela della minore: per il preminente interesse del minore stesso che, al di là di vittorie giudiziali (che lasciano poco altro rispetto a una sentenza da incorniciare come un gagliardetto), dovrebbe realmente interessare e stare a cuore a entrambi i genitori.
Commento (1)
Rita Pennella| 24 Maggio 2020
Viviamo da settembre 2019 questo dramma. Ci siamo imbattuti in assistenti sociali impreparati ed ignoranti incapaci di capire queste dinamiche. Solo a febbraio abbiamo avuto la notifica da parte del T. M. Di Napoli che addirittura era messa in discussione la mia potestà genitoriale. Ho incontrato una avvocatessa tramite il centro antiviolenza ma non l’ho mai incontrata. Alla fine ha rimesso il mandato. Cerchiamo disperatamente legali competenti. Grazie