Nuovo provvedimento sulla incostituzionalità dei DPCM in ambito Covid e sul reato di falso in autocertificazione.
Il GIP di Reggio Emilia, con la sent. 54/2021 del 27/01/21 è nuovamente intervenuto sulla possibilità per i DPCM in materia di Covid di obbligare la permanenza domiciliare, arrivando persino ad escludere il reato di falso nell’autocerficazione.
Nel caso di specie, veniva contestato a ciascun imputato il delitto di cui all’art. 483 CP «…perché, compilando atto formale di autocertificazione per dare contezza del loro essere al di fuori dell’abitazione in contrasto con l’obbligo imposto dal DCPM 08.03.2020, attestavano falsamente ai Carabinieri di Correggio: (…) [l’una] di essere andata a sottoporsi ad esami clinici; (…) [l’altra] di averla accompagnata…», avendo il personale in forza al Comando Carabinieri di Correggio accertato che la donna quel giorno non aveva fatto alcun accesso presso l’Ospedale di Correggio.
Il ragionamento del Magistrato si basa sulla doverosa precisazione che l’art. 13 Cost. stabilisce che le misure restrittive della libertà personale possono essere adottate solo su «…atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge»; da cui consegue che un DPCM non può disporre alcuna limitazione della libertà personale, trattandosi di fonte meramente regolamentare di rango secondario e non già di un atto normativo avente forza di legge; inoltre, secondo l’attenta analisi del dettato costituzionale, neppure una legge (o un atto normativo avente forza di legge, qual è il decreto-legge) potrebbe prevedere in via generale e astratta, nel nostro ordinamento, l’obbligo della permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini, posto che l’art. 13 Cost. postula una doppia riserva, di legge e di giurisdizione, implicando necessariamente un provvedimento individuale, diretto dunque nei confronti di uno specifico soggetto, in osservanza del dettato di cui al richiamato art. 13 Cost.
Né si potrebbe sostenere che il DPCM sarebbe conforme a Costituzione, in quanto prevedrebbe delle legittime limitazioni della libertà di circolazione ex art. 16 Cost. e non della libertà personale. Infatti, come ha chiarito la Corte Costituzionale la libertà di circolazione riguarda i limiti di accesso a determinati luoghi, come ad esempio, l’affermato divieto di accedere ad alcune zone, circoscritte che sarebbero infette, ma giammai può comportare un obbligo di permanenza domiciliare (Corte Cost., n. 68 del 1964).
Pertanto, alla luce di tutti questi ragionamenti, il GIP di Reggio Emilia ha dichiarato la illegittimità del DPCM indicato per violazione dell’art. 13 Cost., con conseguente dovere del Giudice ordinario di disapplicare tale DPCM ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865 All. E.
In conseguenza, infine, ha ritenuto che, proprio in forza del DPCM, ciascun imputato è stato “costretto” a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese e dunque illegittima, e quindi dalla disapplicazione del DPCM (in quanto incostituzionale) deriva che la condotta di falso, materialmente comprovata come in atti, non sia tuttavia punibile giacché nella specie le esposte circostanze escludono l’antigiuridicità in concreto della condotta e, comunque, perché la condotta concreta, previa la doverosa disapplicazione della norma che imponeva illegittimamente l’autocertificazione, integra un falso inutile, configurabile quando la falsità incide su un documento irrilevante o non influente ai fini della decisione da emettere in relazione alla situazione giuridica che viene in questione.
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