Il libro Quarto del Codice Civile indica espressamente che:
«la locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo», detto canone (art. 1571 Cod. Civ.).
È, invece, il successivo art. 1615 Cod. Civ. a definire l’affitto, che si ha solamente:
«quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile» ed in tale caso «l’affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell’interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa».
Pertanto, il termine affitto andrebbe utilizzato solamente quando la cosa locata sia produttiva di frutti, civili (es. denaro derivante da un canone) o naturali (es. ciliegie sbocciate da un albero).
Tuttavia, nella dinamica contrattuale comune, i due termini diventano facilmente assimilabili e le casistiche difficili da distinguere nettamente, anche se la quasi totalità dei contratti di locazione normalmente escludono la possibilità di sub-locare a terzi l’immobile, con ciò escludendo che normalmente – nel caso di locazioni abitative – il bene locato possa produrre quei frutti che sono caratteristici invece dell’affitto.