Nel corso della vita, si passa attraverso varie fasi dell’esistenza, che vedono la persona elevarsi da uno stato di limitata autonomia tipico dell’infanzia, fino al raggiungimento della maggiore età e, successivamente, attraverso una continua progressione intellettuale, sociale, famigliare e lavorativa.
Questo percorso, fortunatamente, oggi sempre più si prolunga fino al conseguimento di età che, un tempo, erano solamente lontanamente immaginabili.
Purtroppo, tale percorso, con una lunghezza media delle vita sempre più alta, comporta generalmente il verificarsi di una parabola discendente in quel percorso di sviluppo e crescita citato prima, che vede un naturale decadimento delle facoltà intellettive e delle autonomie individuali con l’avanzare dell’età.
Il decadimento dell’autonomia personale, inoltre, può avvenire anche in molti altri momenti della vita e nel corso di qualsiasi età, per tutta una serie di ragioni, sia attribuibili a scelte individuali (ad es. alcolismo e tossicodipendenza), sia a tragiche fatalità (patologie innate o sopraggiunte, a volte degenerative e altamente invalidanti).
Un tempo, in una società di stampo rurale, l’immagine classica della famiglia era costituita da un ampio nucleo in cui una moltitudine di persone (parenti e affini) convivevano all’interno di una struttura organizzata, in cui i più vecchi curavano i più piccoli, fino all’inversione per la quale – crescendo – erano i giovani e adulti a prendersi a cuore i propri anziani.
La società odierna, tuttavia, non si presenta più adattabile a questo vecchio modello di vita: sempre più spesso le famiglie sono frammentate, separate in continenti e paesi lontanissimi a livello geografico (seppur dotati di possibilità comunicative immediate e perfette).
La stessa struttura dei lavori e delle professioni moderni rende sempre più distanti e impegnati i giovani e gli adulti in età da lavoro, oltre a vedere un’età pensionistica sempre più avanzata.
Diventa sempre più difficile prendersi cura gli uni degli altri, mentre sempre più persone (in particolare gli anziani, frequentemente oggetto di truffe) si trovano in uno stato di limitata autonomia che necessita di cure.
Un tempo, i rimedi che la Legge italiana offriva erano altamente invalidanti e invasivi per la persona: ricordiamo tutti l’interdizione e la curatela, tutt’ora esistenti.
Oggi, invece, non è più così: con la Legge n. 6 del 9 gennaio 2004 è stata istituita la nuova figura dell’Amministrazione di Sostegno.
Ai sensi dell’art. 404 c.c., pertanto,
«La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio».
Con questo strumento, come sostenuto da autorevole dottrina, è possibile creare per le persone caratterizzate da invalidità (si noti, anche solo parziali o temporanee) una sorta di “abito su misura”, anche se direi più efficacemente una corazza su misura: una protezione che si adatti perfettamente alle necessità dell’invalido, tutelandolo sono in quegli ambiti della vita in cui egli sia effettivamente vulnerabile e indifeso, ma lasciandogli una totale (o parziale/assistita) autonomia per tutti quegli aspetti in cui egli sia pienamente in grado di prendersi cura da solo di se stesso.
Differentemente da quanto accadeva con l’interdizione e la curatela, pertanto, il soggetto non viene totalmente o parzialmente privato di autonomia giuridica per tutta una serie di diritti predeterminata e indifferente per tutti i casi: bensì lo si limiterà solamente in quegli aspetti in cui egli sia veramente bisognoso di assistenza e nei quali il proprio Amministratore di Sostegno lo potrà sostituire o affiancare.
In questo modo, è possibile, da un lato, fornire adeguata protezione a tutti i soggetti che ne siano bisognosi (con la conseguente piena tranquillità per parenti e amici degli stessi); dall’altro, mantenere ampie sfere di autonomia individuale, che privilegiano la dignità della persona, anche e soprattutto come singolo.
Si noti che, per la nomina di un Amministratore di Sostegno, non è nemmeno necessaria l’assistenza di un legale: il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero.
Tuttavia, in molti casi, specie se particolari o complessi, l’assistenza di un Legale può rivelarsi molto utile ed è consigliata, al fine di presentare al Giudice un ricorso già ben ponderato e articolato nel suo contenuto, così da definire e inquadrare nel miglior modo possibile
sia «l’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario» [cfr. art. 405, co. 5, n. 3), c.c.] sia gli «atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno» [cfr. art. 405, co. 5, n. 4), c.c.].
In questo modo, sarà possibile concertare con il Giudice gli elementi che saranno poi puntualmente individuati nel provvedimento emesso dallo Stesso (il decreto), agevolando l’attività del Magistrato, ma anche tutelando al meglio gli interessi e diritti del beneficiario verso i terzi (ad es. banche, istituti assicurativi, etc.), nei cui confronti potrà farsi valere efficacemente il provvedimento giudiziario, nei limiti e secondo le diciture dallo stesso previste.
Sarà possibile, così, evitare disguidi, incertezze, incompatibilità e/o limitazioni di qualsiasi tipo nei rapporti con i terzi, specialmente presentando al Giudice una formulazione degli incarichi che – eventualmente – tenga già in debita considerazione esigenze specifiche e preesistenti del beneficiario e possibili accordi già intercorsi con gli stessi soggetti terzi verso cui si andrà a operare.