Oggigiorno, in una società cosmopolita e globalizzata, aperta a melting pot culturali secolarizzati e moderni, le antiche religioni e le usanze classiche hanno perso molto del loro prestigio e della loro diffusione.
Sempre più spesso, ad esempio, la concezione stessa della famiglia come presente nel nostro ordinamento e contemplata nella Costituzione, all’art. 29 «come società naturale fondata sul matrimonio», non corrisponde alle reali dinamiche sociali esistenti sul territorio.
Questa concezione rappresenta una grave idiosincrasia o lacuna del nostro sistema giuridico, di cui si auspicava – da tempo e da più parti – un intervento legislativo ad hoc.
Un timido tentativo è stato fatto nel 2006, con la nota Legge n. 54, che – sancendo ex lege il principio dell’affidamento condiviso dei figli a entrambi i genitori, da preferirsi al regime di affido esclusivo, salvo eccezioni – ha precisato, all’art. 4, co. 2, che «Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.»
L’applicazione pratica di questo principio, a livello processuale è stata notevolmente semplificata e innovata dalla recente riforma del diritto di famiglia (D. Lgs. 28/12/2013 n. 154) per cui competente a decidere in merito all’affidamento dei figli di coppie di fatto è diventano il TRIBUNALE ordinario, e non più quello per i Minorenni.
Ovviamente, anche per le coppie di fatto, come si è chiarito, criterio preferenziale di scelta è quello dell’affidamento condiviso, in quanto più rispondente all’interesse morale e materiale della prole (in particolare, al diritto del minore «di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi [genitori], di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale»).
Congiuntamente all’affidamento, il tribunale decide anche sull’assegnazione della casa familiare e sul mantenimento dei figli minori (mantenimento che, peraltro, proseguirà fino al conseguimento dell’autonomia economica da parte del figlio, a volte successivo al raggiungimento della maggiore età, per empiriche ragioni di studio e lavoro).
La recente riforma del diritto di famiglia (D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154) ha anche, per la prima volta, sancito una autonoma e tutelata posizione per gli ascendenti dei minori (i NONNI): il nuovo art. 317-bis c.c. sancisce che l’ascendente, al quale è impedito l’esercizio del diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinchè siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore.
In generale, per tutto il resto, valgono i medesimi principi esposti per un rapporto coniugale: anche la crisi delle coppie di fatto – se non prontamente gestita – può diventare pericolosa, in un senso letterale, fisico e psichico, per gli stessi conviventi, ma anche per i loro parenti, amici, conoscenti e addirittura amanti… Per non parlare dei figli: quelle piccole figure, apparentemente così innocenti e inconsapevoli, che sono invece le prime a comprendere il dramma nella sua portata e a soffrirne maggiormente.
Può sorgere una vera guerra, capace di annientare i risparmi di una vita, la casa, l’automobile, i mobili e persino il cane o il gatto… Una faida ancora più pericolosa perché il rivale, a cui abbiamo aperto anima e cuore per anni, ci conosce veramente: nei dettagli segreti; in quegli insondabili anditi della vita in cui siamo più vulnerabili e sensibili.
Compiere la scelta sbagliata, per inesperienza, impulsività, fragilità o paura, in simili contesti, può risultare fatale: è assolutamente necessario, laddove si prenda coscienza di una crisi famigliare, rivolgersi il più rapidamente possibile a un legale, per essere consigliati su quali siano i comportamenti giuridicamente orientati più costruttivi e legittimi da compiere.
Una scelta di non poco momento, perché la mossa sbagliata può farci perdere la casa, la custodia dei figli, il diritto a un equo mantenimento…
Il ruolo di un buon avvocato, in tali malaugurate occasioni, diventa quello di aiutare il proprio Assistito a ricostruire la propria vita come singolo, pur mantenendo intatti e funzionali quei legami che il tempo e le scelte hanno reso inscindibili per tutto il resto della vita.
Ricordate: un avvocato non serve a riconquistare un amore.
Possibilmente, è sempre utile riuscire a mantenere il dialogo pacato e costruttivo con il compagno. Nella maggior parte dei casi, infatti, quella persona – anche se vogliamo eliminarla definitivamente dalla nostra vita – resterà parte della nostra esistenza ancora a lungo. Sarà sempre l’altro genitore
di nostro figlio; il comproprietario di casa nostra; il nostro socio in affari o quello che dovrà aiutarci a mantenere inalterato il tenore di vita di nostro figlio.
Se i conviventi sono capaci di accordarsi, possono rivolgersi congiuntamente al medesimo legale, che li aiuterà a definire e formalizzare le pattuizioni inerenti i loro figli e i loro rapporti, presentando un ricorso al Tribunale che, valutatane la congruità alla Legge, provvederà a ratificarlo con un provvedimento avente forza di Legge e, come tale, anche eseguibile coercitivamente in caso di inadempimento da parte di una delle parti.
Laddove, invece, il dissidio sia insanabile e fortemente conflittuale, o magari l’altro compagno non voglia rassegnarsi alla fine di una storia, occorrerà procedere con un ricorso all’Autorità Giudiziaria, che, nel corso di un procedimento privo di eccessivi formalismi, prenderà le decisioni ritenute più congrue, eventualmente anche imponendosi con la forza del potere Statale.
Il Tribunale è fortemente motivato a garantire l’interesse dei minori: spesso, con una sostanziale differenza tra le coppie, le situazioni più drammatiche e pericolose per i figli minori sono più velocemente risolte e definite, almeno con provvedimenti temporanei, rispetto a quelle in cui persista una certa armonia famigliare, vantaggiosa ai bambini (in tali, ultimi casi, a maggior ragione, la ricerca di un accordo congiunto è quanto mai proficua).
Il Tribunale per i Minorenni, dopo la riforma che ha posto la competenza anche per le coppie conviventi in capo al Tribunale Ordinario, è rimasto l’Autorità che si occupa di tutti i provvedimenti ablativi della potestà genitoriale, nei casi in cui uno dei genitori tenga condotte pregiudizievoli ai figli e di quelli sospensivi qualora non penda tra le parti già un procedimento per “separazione” (in senso ampio) avanti il Tribunale ordinario.