L’ESECUZIONE dello SFRATTO (per locazioni abitative di immobili urbani):
Il primo passo è la spedizione di una lettera (Racc. A.R.): l’avvocato intimerà, con propria missiva, concedendo un congruo termine, all’inquilino di lasciare liberi da persone e cose l’appartamento, domandando contestualmente il pagamento dei canoni scaduti e delle ulteriori spese, oltre agli interessi di mora e le spese legali di primo intervento. Nulla esclude che un simile, rapido e proporzionalmente economico intervento non sia già sufficiente a liberare l’immobile.
Si noti che, per gli immobili urbani, è la legge stessa a chiarire l’entità dell’inadempimento che permetta di considerare moroso il conduttore e intimargli uno sfratto:
Art. 5 – Legge 27 luglio 1978, n. 392 – Inadempimento del conduttore.
Salvo quanto previsto dall’articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile.
Di solito, tuttavia, la spedizione di una mera diffida del legale non è sufficiente ad ottenere il risultato sperato: ciò perché spesso l’inquilino non è nelle condizioni (economiche) di soddisfare le richieste del proprietario, oppure necessita di accreditare un maggior punteggio per l’assegnazione di Alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica (le c.d. Case Popolari): in base all’allegato n. 1) al P.G. n. 38788/2009 del Comune di Bologna, i punti in graduatoria che si possono ricavare da una procedura di sfratto sono, infatti, sostanziosi, come visibile nell’estratto della Tabella raffigurato qui sotto.
Sul punto, un primo elemento temporale da sapere è che: «Tra il giorno della notificazione dell’intimazione e quello dell’udienza debbono intercorrere termini liberi non minori di venti giorni» (Art. 660 Cod. Proc. Civ.).All’infruttuoso esito del tentativo bonario e stragiudiziale dell’avvocato, non potrà che seguire la notifica di un ricorso per l’intimazione di sfratto per morosità: «Il locatore può intimare al conduttore lo sfratto (…) anche in caso di mancato pagamento del canone di affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti» (Art. 658 Cod. Proc. Civ.).
Successivamente, il giorno fissato per l’udienza, possono verificarsi alcune diverse ipotesi, con conseguenti diversi risultati:
PRIMA IPOTESI:
SECONDA IPOTESI:
TERZA IPOTESI:
Art. 55 – L. 392/78 – Termine per il pagamento dei canoni scaduti.
La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all’articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l’importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice. Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta. In tal caso rinvia l’udienza a non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato. La morosità può essere sanata, per non più di quattro volte complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine di cui al secondo comma è di centoventi giorni, se l’inadempienza, protrattasi per non oltre due mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà. Il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la risoluzione del contratto.
QUARTA IPOTESI:
L’ipotesi più comune (e sostanzialmente rispondente alle necessità del proprietario) può a sua volta realizzarsi secondo due distinte modalità, con risultato pressoché identico:
In quest’ultimo caso, il Giudice, con ordinanza emessa in udienza, convalida lo sfratto per morosità ed ordina il rilascio, nei confronti dell’inquilino, dell’immobile sito in [Bologna] alla Via [Caia n. 12], a questo concesso in locazione dalla proprietà, fissando per l’esecuzione la data del “giorno X”.
A questo ventaglio di ipotesi deve poi aggiungersi la possibilità di ulteriori modulazioni di risoluzione della vicenda, qualora si faccia ricorso allo specifico Protocollo Prefettizio per la riduzione del disagio abitativo, in uso almeno per Bologna e Provincia – ma simili soluzioni esistono anche in altre località italiane per cui conviene informarsi con i propri Enti locali – e per la cui sintetica disamina si rinvia all’apposita pagina.
Il “giorno X”, previsto per l’esecuzione è normalmente compreso tra più di 30 giorni e circa di un anno dall’udienza (ma nella prassi è normalmente fissato entro un bimestre); ciò si ricava dal confronto tra due differenti normative:
Art. 56. Legge 27 luglio 1978, n. 392. (Modalità per il rilascio)
Col provvedimento che dispone il rilascio, il giudice, tenuto conto delle disposizioni del conduttore e del locatore e delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso, fissa anche la data della esecuzione entro il termine massimo di mesi sei ovvero, in casi eccezionali, di mesi dodici dalla data del provvedimento. Nelle ipotesi di cui all’articolo 55 per il caso in cui il conduttore non provveda al pagamento nel termine assegnato, la data dell’esecuzione non può essere fissata oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine concesso per il pagamento. Trascorsa inutilmente la data fissata, il locatore promuove l’esecuzione ai sensi degli articoli 605 e seguenti del codice di procedura civile.
Art. 663 c.p.c. (Mancata comparizione o mancata opposizione dell’intimato)
Se l’intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione l’apposizione su di essa della formula esecutiva; (…) Nel caso che l’intimato non sia comparso, la formula esecutiva ha effetto dopo trenta giorni dalla data dell’apposizione. Se lo sfratto e’ stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida e’ subordinata all’attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosita’ persiste. In tale caso il giudice puo’ ordinare al locatore di prestare una cauzione.
A questo punto del procedimento, il proprietario possiede un titolo esecutivo, cioè un provvedimento che gli consenta di liberare l’immobile locato, eventualmente anche coercitivamente e cioè con la “forza”, rappresentata però da Ufficiali Giudiziari a ciò addetti, oltre all’ausilio delle Forze di Pubblica Sicurezza (Carabinieri o Polizia).
Purtroppo, però, l’iter non è ancora finito, perché:
– copia conforme all’originale della predetta ordinanza di convalida di sfratto per morosità, munita dal Cancelliere di formula esecutiva, è notificata in uno all’atto di precetto di rilascio, con cui si intima di liberare l’immobile entro dieci giorni;
– Successivamente, l’Ufficiale Giudiziario provvede a mandare il c.d. preavviso di sfratto, o Atto di comunicazione del tempo del rilascio di bene immobile, un ulteriore avvertimento con cui si invita l’inquilino a liberare l’immobile da persone e cose, ammonendolo che – in caso contrario – nel giorno “Y” l’Ufficiale si recherà sul posto per liberare l’immobile (eventualmente con la “forza” nelle vesti suddette).
– Il primo accesso di solito riporta verbale negativo: l’inquilino, nel famoso giorno “Y” (nella prassi fissato nell’arco di un mese) non si fa trovare in loco e l’Ufficiale Giudiziario non può liberare l’immobile.
– Il secondo accesso, che sarà compiuto in altra data (“giorno Z”, di prassi nell’arco di un paio di settimane dal precedente accesso) può essere compiuto con l’assistenza di un MEDICO della ASL e della FORZA PUBBLICA (POLIZIA/CC), oltre all’ausilio di un FABBRO – scelto dal proprietario – che provveda a sostituire la serratura dell’immobile: normalmente, in questo caso e con l’intervento dei suddetti soggetti, salvo il caso in cui l’inquilino sia affetto da particolari patologie (anche dovute all’età), il rilascio dell’immobile riesce e L’INQUILINO È SFRATTATO (con sostituzione delle chiavi di accesso all’immobile, condizione empirica che dovrebbe impedire ulteriori accessi indesiderati nell’immobile, pena la realizzazione di reati penalmente perseguibili).
MA NON FINISCE QUI…
PERCHÉ RESTANO I SUOI BENI MOBILI NELL’APPARTAMENTO!
Infatti, come si accennava all’inizio, le ragioni della proprietà si incontrano e scontrano con quelle del conduttore dell’immobile, che sebbene si presenti – in simili situazioni – come un contraente scorretto, inadempiente e oppositore della legge, tuttavia, innanzi a quella stessa legge, che resta sempre super partes e uguale per tutti (Art. 3 Cost.), egli conserva nondimeno dei propri diritti che permangono intoccabili, persino nel contesto in esame.
Pertanto, il proprietario deve stare attento alla propria condotta, rischiando altrimenti di passare lui dalla parte del torto, e vedersi citare in giudizio dall’inquilino moroso e inadempiente, per un risarcimento danni o addirittura con denunce di natura penale!
Se l’immobile di proprietà resta, quindi, occupato da beni mobili di altrui proprietà, il proprietario non può liberarsene ad libitum (secondo il proprio arbitrio) perché egli su quella “roba” non ha diritti e potrebbe rispondere di danneggiamento, furto o altre fattispecie penali…
A tale impasse si presentano diverse prospettive:
- Soluzione: l’inquilino collabora e porta via i suoi beni senza problemi – Una soluzione più frequente di quanto si possa temere, perché l’inquilino che non può pagare o desidera guadagnare punteggio nella graduatoria per alloggi di ERP, in compenso è un soggetto che tiene a cura i propri beni e ha tutto l’interesse a conservarli, una volta raggiunto lo scopo di aver occupato l’immobile per più tempo possibile (gratis) e subendo lo sfratto;
- Soluzione: l’inquilino è parzialmente collaborativo – Come nel caso 1), però l’inquilino è meno interessato ai propri beni o semplicemente non ha ancora trovato un nuovo locale in cui abitare e l’appartamento oggetto di rilascio è un utile deposito “gratuito” delle proprie cose; in questo caso – sul presupposto necessario e sufficiente che l’inquilino sia collaborativo anche solo quanto basti per firmare una scrittura – conviene fargli firmare la DICHIARAZIONE DI RESTITUZIONE DEI BENI, con cui l’inquilino dichiara di ricevere, dal proprietario, la restituzione di tutti i beni di proprietà dello stesso, come meglio identificati nell’inventario compilato da Ragioniere a ciò addetto, e contestualmente di liberare lo stesso proprietario da qualsiasi responsabilità in merito alla custodia dei beni stessi, dichiarando altresì di averli visti e riconosciuti nelle identiche condizioni e nel medesimo stato in cui erano stati lasciati. Con la firma di una simile scrittura, l’inquilino entra formalmente nel possesso dei beni di sua proprietà, in ciò garantendo che, se i beni non saranno asportati dall’immobile entro un termine pattuito, gli stessi saranno da considerarsi come abbandonati, con ogni conseguenza di legge. Tali conseguenze sono che ai beni si applicherà la disciplina prevista per le res derelictae, per cui saranno usucapibili a titolo originario: tradotto, ciò significa che il proprietario di casa, trascorso inutilmente il termine pattuito, potrà considerarsi il nuovo proprietario dei beni dell’inquilino, con la conseguente libertà di disporne pienamente e liberamente a proprio piacimento, compreso il rivenderli o il buttarli nella spazzatura, senza temere alcuna reazione a simile condotta, che sarà pienamente lecita e legittima.
- Soluzione: l’inquilino non è collaborativo! – Il “deposito gratuito” nell’appartamento di proprietà fa proprio gola al nostro inquilino o semplicemente lo stesso è sparito nel nulla, senza lasciare recapiti o tracce di sé… Si deve allora ricorrere alla più complessa fattispecie della OFFERTA REALE (Offerta reale e offerta per intimazione). Essa è disciplinata da alcuni articoli del codice civile abbastanza semplici da comprendere e che ne forniscono una descrizione precisa: «l’offerta consiste nell’intimazione al creditore di riceverle [le cose mobili], fatta mediante atto a lui notificato nelle forme prescritte per gli atti di citazione» (Art. 1209 Cod. Civ.). N.B. Il creditore in questo caso è l’inquilino moroso, mentre debitore è da intendersi il proprietario/locatore.
Art. 1210 Cod. Civ. – Facoltà di deposito e suoi effetti liberatori.
Se il creditore rifiuta di accettare l’offerta reale (…) il debitore può eseguire il deposito.
Eseguito il deposito, quando questo è accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata in giudicato, il debitore non può più ritirarlo ed è liberato dalla sua obbligazione.
Art. 1211 Cod. Civ. – Cose deperibili o di dispendiosa custodia.
Se le cose non possono essere conservate o sono deteriorabili, oppure se le spese della loro custodia sono eccessive, il debitore, dopo l’offerta reale o l’intimazione di ritirarle, può farsi autorizzare dal tribunale a venderle nei modi stabiliti per le cose pignorate e a depositarne il prezzo.
Art. 1212 Cod. Civ. – Requisiti del deposito
(Omissis)
Art. 1215 Cod. Civ. – Spese
Quando l’offerta reale e il deposito sono validi, le spese occorse sono a carico del creditore.
N.B. Il creditore in questo caso è l’inquilino moroso, mentre debitore è da intendersi il proprietario/locatore.
In questo modo, il proprietario/locatore potrà comunque cercare di recuperare i propri canoni e le ulteriori spese, attraverso gli idonei strumenti di recupero del credito e in primo luogo con un decreto ingiuntivo, che può essere emesso dal Giudice contestualmente alla convalida dello sfratto. L’ingiunzione, immediatamente esecutiva, potrà essere utilizzata come titolo all’interno della procedura esecutiva che si instaura contestualmente all’offerta reale, così che il proprietario/locatore potrebbe vendere i beni di proprietà dell’inquilino moroso ed eventualmente chiedere l’assegnazione del prezzo così ottenuto a copertura (totale o parziale) delle spese (oltre che dei canoni).
A seguito del ricorso per offerta reale, il Giudice dell’Esecuzione dispone come da esempio:
“Dispone che, qualora al momento della consegna al custode giudiziario l’immobile non risulti integralmente liberato dalle cose mobili, l’Istituto Vendite Giudiziarie provveda alla loro asportazione e custodia presso i propri depositi e, quindi, nel caso di mancato ritiro entro 15 giorni da parte del proprietario, previo pagamento delle spese, alla loro vendita ai sensi degli artt. 2756, comma 3, e 2797 Cod. Civ. I beni saranno posti in vendita in prima asta, sulla base della stima effettuata da un perito nominato dal Tribunale, il secondo sabato successivo alla scadenza del termine e in seconda asta, senza prezzo minimo, il lunedì immediatamente successivo. Il presente provvedimento è immediatamente esecutivo.”
Con la conclusione della lunga procedura qui descritta – che pertanto può durare da un minimo di un mese a un massimo anche di sei, sette o più mesi – il proprietario sarà finalmente in grado di recuperare il proprio immobile, eventualmente recuperando altresì parte delle spese sostenute e dei canoni (nulla esclude che possa recuperare anche la cifra intera) ed infine sarà libero di cercare un nuovo inquilino – possibilmente più affidabile e diligente del precedente – cui locare l’immobile.
Le informazioni, peraltro di massima e generiche, qui fornite, lungi dal voler sconfortare il proprietario bisognoso di assistenza legale, vogliono solo dare maggiore trasparenza su una procedura troppo spesso sconosciuta ai cittadini, che non riescono nemmeno a comprendere la delicatezza della situazione né la apparentemente eccessiva durata del procedimento complessivo, che purtroppo presenta, come detto, tempistiche tecniche e imprescindibili assolutamente dipendenti dalle disposizioni stesse della Legge italiana.